Predire e curare sul nascere la retinopatia diabetica

DVA: una finestra sulle complicanze del diabete

Gerald, il tecnico della Imedos, la società hi-tech tedesca che produce il Dynamic Vessel Analyzer, ha appena finito di montare una nuova telecamera sullo strumento e di mostrarne le potenzialità. Mara Lorenzi è letteralmente estasiata. «Questo strumento è una miniera!», esclama, ringraziando ancora una volta l’associazione SOStegno 70 e la sua presidente Patrizia Pappini per averla messa a disposizione della ricerca del San Raffaele e dell’università di Harvard.

«Questo strumento ci permetterà di identificare meccanismi in grado di predire la retinopatia diabetica e di fare una prevenzione basata su questa predizione. Sinceramente, l’atteggiamento corrente nei confronti della Retinopatia diabetica consiste nello… sperare che non si sviluppi, tenendo sotto controllo il compenso e la variabilità glicemica. Forse si può fare di più» afferma Mara Lorenzi, nata a Bordighera, trasferitasi negli Usa dopo la laurea a Torino, ha diretto giovanissima la Diabetes Clinic della University of California a San Diego. Nella sua attività di ricerca Mara Lorenzi docente all’Università di Harvard (e Visiting Professor al San Raffaele) si è concentrata sui meccanismi vascolari che sono alla base delle complicanze del diabete documentando la tossicità del glucosio per le cellule dei vasi sanguigni e l’’effetto memoria’ in base al quale un picco iperglicemico esercita degli effetti di lungo termine sui tessuti. Da alcuni anni si è concentrata sulla retinopatia diabetica (RD) e dirige il laboratorio dedicato a questa complicanza nello Schepens Eye Research Institute del Massachusetts Eye and Ear Infirmary.

Negli scorsi anni il gruppo guidato da Mara Lorenzi ha dimostrato che circa metà dei soggetti giovani con diabete di tipo 1 senza retinopatia diabetica presi in esame con uno strumento simile al DVA ma meno avanzato, avevano una alterazione nel diametro delle arterie e nel flusso di sangue della retina. Dopo alcuni anni quasi tutti i pazienti che avevano mostrato quest’alterazione aveva sviluppato qualche segno di retinopatia contro solo uno tra quelli che non avevano mostrato l’alterazione.

Ma perché è importante visualizzare il diametro interno delle arterie nella retina e la loro variazione di fronte a uno stimolo? «Davanti a un aumento della pressione del sangue la reazione fisiologica dell’arteria è restringersi in modo da proteggere l’organo dall’aumento del flusso di sangue. Ho visto che in un numero importante di persone con diabete questa normale reazione protettiva non c’è o è ridotta», spiega Mara Lorenzi.

Il DVA di nuova generazione propone anche un altro stimolo: proietta, infatti, un impulso luminoso intermittente sulla retina del soggetto. Per la retina il flash rappresenta un carico di lavoro. Per farvi fronte ha bisogno di più ossigeno e quindi più sangue. Parte quindi un segnale che induce le pareti delle arteriole ad allargarsi per aumentare il flusso sanguigno.

Il progetto di ricerca che Mara Lorenzi, insieme a Gianpaolo Zerbini e agli oculisti del San Raffaele, ha presentato all’Unione Europea – e che potrebbe partire già a settembre – prevede di misurare la variazione nel diametro delle arterie sia in risposta a una luce intermittente proiettata sulla retina sia in risposta a uno stimolo puramente vascolare generato da un semplice cambiamento di posizione. «Misuriamo il diametro delle arterie nella retina al paziente prima in posizione seduta e poi sdraiata. Nella posizione sdraiata la pressione del sangue nella testa aumenta e il vaso sanguigno dovrebbe restringersi». La variazione o mancata variazione dell’arteria viene registrata e dopo 5 anni si andrà a vedere se i soggetti che non hanno mostrato la normale variazione nel diametro dell’arteria avranno sviluppato i segni iniziali di retinopatia. «Se i due stimoli avessero lo stesso valore predittivo ovviamente utilizzeremo solo la luce intermittente che è più pratica per un utilizzo clinico quotidiano», afferma Mara Lorenzi.

Concretamente il progetto prevede di sottoporre al test nell’arco di 2 anni 300 ragazzi e giovani adulti di età compresa fra i 17 e i 25 anni con almeno 7 e non più di 12 anni di diabete e senza complicanze. Questi ragazzi saranno rivalutati nel corso del tempo (e comunque entro 5 anni) per vedere quali di questi hanno sviluppato i primi segni di Retinopatia diabetica.

«Il DVA potrebbe permetterci di identificare pazienti in cui una terapia preventiva specifica sia efficiente e poterne misurare l’efficacia», spiega Mara Lorenzi, che fa parte dei comitati scientifici della American Diabetes Association e del National Institute of Health. «Faccio un esempio: io ritengo che la somministrazione di acido acetilsalicico in dosi minime ma costanti possa migliorare il metabolismo delle pareti dei vasi retinici riducendo il rischio di sviluppare una retinopatia diabetica. Ho avuto conferma da esperimenti in vitro e sulle cavie, ma se il DVA fosse uno strumento validato io potrei sia selezionare delle popolazioni a rischio sia misurare velocemente gli effetti di questa terapia».

Il DVA non può ancora essere utilizzato nell’attività clinica quotidiana. «Occorre una pubblicazione importante che ne dimostri l’utilità anche solo predittiva. Il nostro studio potrebbe portare a questa pubblicazione. A quel punto potremmo disegnare un protocollo, una procedura standardizzata e validata da applicare in questo e negli altri Centri che avessero a disposizione lo strumento», conclude Mara Lorenzi.

Mara Lorenzi, dirige il laboratorio dedicato alla retinopatia diabetica nello Schepens Eye Research Institute del Massachusetts Eye and Ear Infirmary.